Non leggete come fanno i bambini, per divertirvi, o come fanno gli ambiziosi per istruirvi. No, leggete per vivere!

Gustave Flaubert

martedì 18 ottobre 2011

Il rapposto tra uomo e libero arbitrio nell'Umanesimo

Ieri in classe, come compito di italiano, abbiamo dovuto svolgere un saggio breve su "Il rapporto tra uomo e libero arbitrio nell'Umanesimo". La traccia ha spiazzato un po' tutti, cic eravamo preparati su tutto ma non su questo tema così passato lo "spauracchio" iniziale ci siamo messi a scrivere tutto ciò che ricordavamo aiutati dai documenti  (un brano scritto da Pico della Mirandola, un altro da L. Bruni, da Manetti, una poesia di Lorenzo de Medici, un'altra di Poliziano e infine una riflessione breve di Garin) ai quali potevamo fare riferimento nella nostra elaborazione, che il professore ci ha inseriti; e tra cancellature, asterischi di rimandano a fine pagina, revisionamenti e accorgimenti di non superare più di tanto le cinque colonne che ci erano state importe come margine...ecco quello che ho scritto io prendendo spunto dal brano di Pico della Mirandola!!


"Non ti ho dato, o Adamo, nè un posto determinato, nè un apetto proprio, nè alcuna prerogativa tua, perchè quel posto, quell'aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto secondo il tuo voto e il tuo consiglio ottenga e conserve. La natura limitata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te le diterminerai da nessuna barriera costretto, secondo il tuo arbitrio, alla cui podestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo perchè di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori  che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere rigenerarti nelle cose superiori che sono divine". Così scrive Pico della Mirandola ne "Oratus hominis dignite" per affermare il concetto di "homo novo" che prende forma nell'Umanesimo.
Dio ha creato il mondo che ci appare, con bellezza e magnificenza, ma pensò che dovesse essere popolato non solo da animali ma anche da un'altra specie che potesse ammirare la bellezza e affermarsi con la ragione. L'uomo sin dal principio è stato posto al di sopra di tutte le mortali cose e Dio ad egli ha dato il libero arbitrio, di decidere il proprio luogo, il posto sul mondo.  La natura degli altri è limitata e contenuta da leggi che Lui ha prescritto mentre l'uomo può decidere le proprie leggi impedito da nessuna barriera.
Il mondo medievale aveva stretti e inflessibili schemi nel quale l'uomo doveva badare solo all'anima e non a cose effimere, come il suo affermarsi nel progresso poichè per la vita ultraterrena, tutto ciò non servirà. Il duro schema medievale lo ritriovamo già, come primo impatto, nella vita stessa che era gerarchizzata e dalla quale non vi era liberazione e remissione. L'uomo era in balia della fortuna, del destino e dei pregiudizi. E' chiaro allora che nell'Umanesimo si ha, per questo aspetto, una vera rivoluzione nella quale le barriere, i limiti dell'agire umano vengono abbattuti.
In questo periodo con Machiavelli, Boccaccio, Andreuccio da Perugia ecc... l'ingegno prende forza con la creatività, l'uomo non è più prigioniero della fortuna, la virtù dell'uomo è infatti il proprio ingegno, la propria ragione messa poi accanto all'avanzare del progresso; tutto ciò avviene per l'affermazione e la realizzazione di ogni singolo individuo della vita pubblica e personale. Anche i sentimenti come l'amore, ora, vengono determinati in ogni sfaccettatura, non vi è più solo l'amore per Dio e l'anima ma anche quello passionale, per la donna, per la cultura e per tutto ciò che comincia ora ad interessare l'uomo prima regresso. Lo stesso Machiavelli esplicitamente afferma che se si fosse attaccato a quei schemi fissi, si sarebbe lentamente abbandonato al fatalismo e avendo rifiutato di prendendere in mano le briglie del destino, quest'ultimo sarebbe diventato padrone della sua stessa vita ed è questo che cambia nell'Umanesimo. Già nella Grecia arcaica con l'avviamento della filosofia, Protagora eveva già lanciato il concetto di "Uomo misura di tutte le cose" ed è appunto con la riscoperta dei classici che l'uomo di questo periodo apre gli occhi sull'incommensurabile potere che può esercitare con la propria psiche.
Questo atteggiamento non è da vedere in modo negativo poichè l'uomo non accantona la verità rivelata e Dio stesso, ma egli stanco stanco delle solite cose, si rinfresca nel trovare nuove domande e nuove risposte. Nelle quali domande si comincia a radicare l'uomo moderno e la coscienza delle proprie capacità, quella coscienza in cui solo adesso le esperienze o i processi psichici: quali eventi anche intellettuali, sentimenti ed atti della volontà sembrano dati finalmente conosciuti al soggetto. L'uomo in base ad essa comicia ad avere percezione di sè, del proprio corpo, e soprattutto delle proprie idee e sensazioni che tanto erano state soppresse. Nello stesso tempo, dal momento che Dio non viene allontanato ma semplicemente scisso dall'uomo, la coscienza si accompagna alla consapevolezza provocando un processo di introspezione nel quale l'uomo si ricorda che in base alle sue azioni verrà guidicato dal Dio creatore. Ora l'uomo è protagonista della nuova concezione antropocentrica che lo rende capace di distinguere, riconoscere e giuducaee essendosi liberato dalle catene dei dogmi.


In più citiamo qualche libro per accompagnarvi nel comprendere questo importantissimo passo, nel vero senso della parola, che l'uomo fa verso se stesso in particolare.



'Letteratura e civiltà tra Medioevo e Umanesimo' di Gian Mario Anselmi

Il volume presenta un’ampia ricognizione su importanti tratti fondativi della storia letteraria e culturale del Medioevo, mettendoli in correlazione con l’emergere fin dal XIV secolo dei nuovi fermenti umanistici e rinascimentali e in ideale continuità con il precedente volume dello stesso autore (“L’Età dell’Umanesimo e del Rinascimento”, Carocci, 2008).






E ovviamente non poteva mancare "Oratio de hominis dignitate" di Pico della Mirandola

La molteplicità delle filosofie, la possibilità di un loro incontro: questo l'argomento dell'Oratio che Pico scrisse nel 1486. Strumento privilegiato di questo accordo dovrebbe essere, secondo il giovane umanista, l'interpretazione della mistica ebraica, ovvero quel metodo cabalistico che Pico si vanta di aver scoperto e introdotto nel mondo cristiano. Ma il punto di riferimento centrale dell'Oratio è l'uomo; e la vera novità del testo pichiano sta nel porre l'essenza dell'uomo nella sua libertà di scelta. Unico fra gli esseri, l'uomo non è definito da una propria natura, da una "forma"; la sua caratteristica è proprio la possibilità di assumere ogni natura e ogni ruolo, dai più elevati ai più infimi. Quello di Pico è un messaggio di fiducia umanistica nella libertà che non a caso conobbe una nuova fortuna verso la metà del nostro secolo, quando l' Oratio fu più volte ristampata e tradotta in varie lingue. Quella che viene proposta in questo volume è l'edizione che Eugenio Garin curò e tradusse nel 1942 per l'editore Vallecchi di Firenze, accuratamente rivista e corretta, con alcune rettifiche che tengono conto delle acquisizioni filologiche più recenti.

3 commenti:

Jessica ha detto...

Brava, bel saggio breve sai scrivere bene

Gabriella ha detto...

Che brava che sei Assunta :)

una cara amica ha detto...

questo blog anche se fermo gia da diversi mesi ed immagino per mancanza di tempo, ha continuamente visite giornaliere, spero che verrà al più presto aggiornato.
Un caro saluto ..........